Ne parliamo con Stefano Gallo DVM, Specialista Transizione 4.0
Responsabile del servizio NUTRIL.HUB di Granda Team
Affrontare il tema della determinazione delle micotossine all’interno degli alimenti per razioni da vacche da latte è sempre stato un problema fin da quando abbiamo iniziato a ricercarle; ci sono infatti molteplici fattori che possono alterare l’affidabilità del dato diagnostico a tal livello da ridurre i test dei semplici “generatori di numeri casuali”.
Tuttavia, alla ricerca di una soluzione tecnica, è possibile lasciare parlare le vacche ovvero quantificare con un diverso approccio gli effetti dannosi che hanno creato le micotossine all’interno della mandria che stiamo osservando: più in specificatamente parliamo della determinazione del potenziale ossidativo della mandria e dell’esaurimento della capacità antiossidante degli animali, cioè una serie di test clinico-diagnostici che possono aiutarci a comprendere l’entità del danno biologico che si è venuto a creare a livello sistemico.
Considerando invece l’azione sul singolo organo deve essere tenuta in considerazione l’effetto battericida delle micotossine “pure” o dei metaboliti da esse derivati sulle popolazioni microbiche del rumine; più specificatamente le popolazioni Gram -liberano in seguito a lisi batterica una serie di endotossine di membrana estremamente tossiche tali da giustificare una endotossiemia spesso all’origine di patologie sia acute sia ad andamento più subdolo o cronico (laminite).
Una nuova visione patogenetica inserisce infatti le micotossine quali agenti casuali della persistenza delle proteine infiammatorie nella vacca da latte e quali fattori xenobiotici capaci di regolare in senso negativo lo stress ossidativo nonché la funzionalità del sistema immunitario.